Viva Tutto!

"... mi ha disorientato, come può disorientarti una ragazza che tu le chiedi che ore sono e lei ti mette la lingua in bocca ..."

comincia così il nuovo libro di Lorenzo Jovanotti Cherubini, scritto a quattro mani con Franco Bolelli, si intitola “Viva Tutto!” ed esce oggi.
E' un libro di riflessioni sulla musica ma non solo. E' un libro che non sta dentro nessuno schema, nessun genere, perché i generi vuole abbracciarli più o meno tutti, mescolando slanci vitali, riflessioni, racconti personali, appunti di viaggio, linguaggio scritto e linguaggio parlato, entusiasmo e creatività.


una notte di racconti alla libreria Fahrenheit di S.Giovanni Valdarno

lo temevano tutti, e lui lo sapeva



"Don Basilio era un uomo dall'aspetto feroce e dai baffi rigogliosi che andava per le spicce e sosteneva la teoria secondo la quale un uso liberale degli avverbi e l'aggettivazione eccessiva erano cose da pervertiti e da persone con carenze vitaminiche. Se scopriva un redattore incline alla prosa fiorita, lo spediva tre settimane a stilare necrologi. Se, dopo la purga, il soggetto recidivava, don Basilio lo destinava alle pagine dei lavori domestici vita natural durante. Lo temevano tutti, e lui lo sapeva."


carlos ruiz zafòn, il gioco dell'angelo

viale o bosco?

lei:
- adoro questa stagione, adoro l'autunno, adoro passeggiare per i viali; adoro veder cadere le foglie, osservare i loro colori che cambiano in modo continuo, come in una gigantesca tela; adoro ascoltare il loro fruscio secco e lieve, simile allo scalpiccio di fantasmi che passano; e adoro calpestarle passeggiando sul selciato, oramai accartocciate dal gelo; addoro i rami avvizziti che additano il cielo e una ad una indicano le stelle.
lui:
- ho smesso con i viali, ora preferisco addentrarmi direttamente nei boschi.

Si, Si, Si, ... No

- Stai uscendo dalla lezione?
- Si!
- L'hai trovata interessante?
- Si!
- Seguirai anche la prossima?
- Si!
- Ti iscriverai al corso?
- Si! ...scusa, ora mi faresti anche una domanda a cui posso rispondere No!

Volete sapere perché scrivo?



Volete sapere perché scrivo? Qual è la vera ragione, la più asciutta, quella proprio inoppugnabile al netto di ogni chiacchiera? Ve la dico: per avere il tempo di dare la risposta giusta.
Il mio problema è che manco di prontezza. Ecco perché detesto i miei pensieri. Se invece di avvitarsi su tutto mi offrissero una valutazione sintetica delle cose che capitano, allora sì che riuscirei a rispondere a tono (e soprattutto a tema) nel momento in cui serve.
La risposta che avrei dovuto dare mi viene sempre quando torno a casa. Precisamente, nell'atto d'infilare la chiave nella serratura del portone. E' allora che mi compare davanti agli occhi, ma proprio come se la vedessi, una frase compatta, essenziale, musicale, d'impeccabile logica; che inibirebbe qualsiasi tentativo di replica. E a quel punto mi mangio i gomiti. Perchè non posso certo alzare il telefono, chiamare la persona che ha vinto il match dialettico e dirle: "Ehi, comunque, a proposito della nostra discussione, vorrei aggiungere che..."
Non si può. Non vale più.
Nella vita vera non posso cancellare, tornare indietro, ripensare a quello che ho detto, correggerlo.
Allora scrivo.
Per prendermi la rinvincita sulle parole.
Per raccontare come sarebbe andata se avessi scelto quelle giuste.

Diego De Silva, Mia suocera beve, Einaudi, 2010.

Chi vespa mangia le mele

RACCONTO DI ROSELLA

Sabato c'era la festa di Claudio.

-Posso uscire sabato sera?- chiesi pimpante e speranzosa.
-No!-
-Perché?-
-Perché NO!-
-Ma almeno spiegami perché!-
-Perchè sei troppo giovane per uscire la sera!-
-Ma l’anno prossimo faccio la maturità!-
-Bene, se ne riparla l’anno prossimo!-
-Cooosa?- Si intromise a quel punto Chiara, la mia sorella maggiore.-Io ho quattro anni più di lei e ancora ti devo chiedere il permesso per uscire la sera!-
-Ma che c’entri te adesso ? Sto parlando io con papà .- dissi .
-C’entro eccome! Se potrai uscire la sera , quando avrai diciott’anni, io ho diritto di uscire ora, che ne ho quasi ventuno!-
-Ecco appunto- fece mio padre- ne riparliamo con tutte e due quando sarete maggiorenni!-
A quel punto abbandonai in silenzio il campo di battaglia, lasciando Chiara a becchettarsi con mio padre. Non ce la potevo fare. Avevo davanti una montagna da scalare a mani nude senza corde di sicurezza e perdevo la presa in continuazione.
Non era giusto! Non potevo mai fare ”quello che volevo”.
La festa cominciava tardi. Il “vero divertimento” sarebbe iniziato verso la mezzanotte e io l’avrei perso.
Non avevo il permesso per uscire? Avrei fatto a modo mio.
Era una soluzione che mi aveva insegnato Flavia: dovevo solo aspettare che mamma e papà si addormentassero.

Flavia sapeva tutto. Sapeva come uscire senza il permesso dei genitori, sapeva falsificare alla perfezione le loro firme, sapeva come fare per uscire con le nostre vertiginose minigonne senza che papà se ne accorgesse. Insomma, Flavia era il mio Guru.

Con Chiara invece non potevi mai sapere. Quando si facevano cose un po’ trasgressive era meglio tenerla all’oscuro.

Quel sabato me ne andai a letto presto usando la classica scusa del mal testa. Flavia, che divideva la stanza con me, era già con la testa nell’armadio per la difficile “operazione vestizione sexy”.
-Se vuoi imbroccare Claudio, devi fare come dico io!- Mi disse tirandomi addosso una minigonna in pelle scamosciata che sembrava più un maxi-cinturone.
-Dai! Ma questa è esagerata! Mi vergogno. E poi in motorino, mi si vedrà anche l’anima!-
-E il maxicappotto londinese, a che serve secondo te?-
-A già.- feci io, poco convinta.
-Che state combinando?- irruppe Chiara. Da noi non si usava un granchè bussare prima di entrare nelle stanze.
-Niente, facevo provare a Roberta la minigonna di Mary Quant. Sai, quella che mi ha portato Licia da Londra l’anno scorso?-
-La chiami minigonna? E’ scandalosa! Però mi piace un sacco.- Rispose Chiara lasciandomi di sasso.
-Sicchè me la posso mettere per una festa secondo te?-
-Che festa?- Ecco cosa la rovinava come sorella: la sua mania di controllo.
-Era tanto per dire, dai non fare la pignola.-
-Comunque, tornando a noi , se vuoi te la presto una volta- mi disse Flavia.
-Si va bene , grazie.-

Chiara rimase li’ ancora un po’ con la faccia contratta. Poi disse: -Se ti vedono uscire con quella sottana, vedrai che casino!- Si me lo immaginavo benissimo.
-Si ho capito. State combinando qualcosa, come al solito.- disse rivolta soprattutto a Flavia.
-Uffa! Quanto sei pallosa! Non stiamo facendo proprio niente. Ma non devi andare a studiare a quest’ ora?
-Sei proprio stronza, lo sai? Vaffanculo!- Per fortuna Flavia non rispose e lasciò che uscisse sbattendo la porta.
-Che rompipalle!-
-Insomma….. un po’ stronza sei.-
-Ah, sarei io la stronza secondo te? Ma non lo vedi che si fa sempre i cazzi nostri? Vuole sempre sapere tutto di tutto e poi magari lo và a dire alla “mammina”!-
-Si va bè, magari c’hai anche un po’ ragione però…- Avevo un po’ paura delle loro litigate. Spesso mi ci ritrovavo nel mezzo e non sapevo mai che parte prendere. Meglio evitare, dunque.
-Dai, torniamo a noi.-
-Io te l’ho già detto cosa ti devi mettere, se non ti va, fai come cazzo vuoi!- Non era già più la Flavia di pochi minuti prima.
-Va bene, va bene. Ai vestiti ci penso un attimo. Passiamo alla parte organizzativa.-
-Che c’è da organizzare? Esci dalla terrazzina, fai il giro del giardino, quando arrivi al cancello piccolo fai attenzione che cigola e il gioco è fatto!- Lei faceva sempre tutto così semplice! In realtà si doveva fare attenzione ad un sacco di altre cose. La casa si trovava alla fine di una tranquillissima strada privata senza sbocco, il chè,da una parte era un bel vantaggio, come tutti dicevano, quando venivano da noi, ma nel mio caso era un problema in più. Infatti qualsiasi vicino insonne e impiccione avrebbe potuto vedermi e telefonare, chissà, anche ai carabinieri o comunque a mio padre. Poi, anche la porta-finestra della cosidetta terrazzina cigolava non poco. Il giardino circondava per tre lati la casa e il quarto lato era occupato dal cortile con il garage. Ecco l’ altro inconveniente: avevo lasciato la vespa proprio lì, sotto le finestre di camera dei miei genitori.
-Ma che succede, se mi sentono mentre tolgo la vespa dal cavalletto? E poi devo aprire il cancello grande del garage, e quello si, che cigola!-
-Ma che palle che sei! Se non te la senti non lo fare.- Anche se morivo di paura di essere beccata e di conseguenza non poter uscire per un mese, andava fatto. Avrei ottenuto qualche “stellina” in più agli occhi di Flavia e qualcuna di meno agli occhi di Chiara se lo avesse scoperto.
-Ma certo che lo faccio. Mi piace troppo Claudio; se non vado stasera non mi inviterà più.-
Aspettai impazientemente le 11,30, poi mi alzai in silenzio. Flavia si era addormentata e io mi sentivo un po’ abbandonata. Infilai la famosa mini-mini gonna con il “mini-pull” e il maxi-cappotto .Sembrava non esserci niente di “medium” in questa situazione. Con gli stivali in mano, uscii in giardino. “Cazzo!” pensai “E’ buio pesto.” Riuscii comunque ad arrivare al garage, inciampando solo un paio di volte. Alle finestre non c’erano luci, nemmeno dalla signora Ada, che di mestiere faceva la spiona. Aprii il cancello col cuore in gola. Mi sembrò, un frastuono infernale. A quel punto dovevo per forza infilarmi gli stivali, per non farmi male sul lastricato. Guardai in alto verso la nostra finestra. Speravo di vedere Flavia. Non c'era nessuno.

La mia vespina scese docilmente e silenziosamente dal cavalletto, si fece spingere fino alla discesa, dove finalmente potei metterla in moto senza paura di fare rumore.

Finalmente ero libera di andare alla festa di Claudio.