la storia di giorgio il pittore

Racconto di Antonio Gaeta

- Giorgio, poi mi sono dimenticato di dirti: ho chiesto a Margherita se voleva fidanzarsi con te e lei ha detto di si.

Giorgio guardò Max incredulo.
Scoppiò in una risata esplicitamente forzata.
L’amico fraterno lo seguì in coro e finirono col ridere entrambi di gusto.

Giorgio lanciò uno sguardo a Firenze sotto di loro, caldamente colorata dalle luci del tramonto primaverile. Si avvicinò al buffet della festa, soffermandosi per un attimo ad osservare la varietà di torte salate e dorate, dolci ricamati ed imbiancati, il pane con le mandorle, la caprese tricolore, gli affettati e i formaggi, le salsine colorate, le spezie orientali, il plum-cake talmente soffice che sembrava sbriciolarsi con il solo sguardo, e quello nella variante colorata nel cui impasto c’erano pezzettini di olive verdi e nere, formaggio bianco, peperoni rossi e gialli, che appariva come un mosaico ravennate.

- Cosa cerchi? – lo richiamò alla realtà una voce alta e nasale alle sue spalle.

- Ciao Margherita; non vedo il rustico che ho portato io. Quello con su le uova con tutta la buccia e delle striscioline a mo’ di croce. E’ tipico delle mie parti.
- Dov’è, lo voglio assaggiare.
- A Pasqua mia madre lo prepara sempre, lo faceva anche quando eravamo in India.
- Ah già, che tu hai vissuto sempre in giro per il mondo dietro tuo padre, cos’hai detto che fa?
- E’ un ingegnere! Costruisce ferrovie. Vorrebbe che anch’io studiassi ingegneria, ma io voglio fare il pittore.
E tu cosa cerchi? – chiese Giorgio.
- Non so! Un altro po’ di vino.
- No, intendevo, cosa cerchi nella vita?
- Io cerco la Verità. – rispose decisa Margherita.
- Questa è completamente pazza e Max mi ha messo in un bel casino – pensò Giorgio – devo assolutamente recuperarlo e fuggire via.

Quella sera, piuttosto che lasciarsi coinvolgere in quella stupida festa, avrebbe preferito uscire con la giovane pittrice conosciuta al laboratorio, se solo lei avesse detto di sì.
Max non lo trovò ed andò via da solo.

Qualche ora dopo, il ventunenne Giorgio De Chirico era seduto da solo, in preda all’alienazione, su una panca in mezzo ad una piazza Santa Croce spazzata dal vento, in mezzo a figure solitarie e statue che fissavano ciecamente lo spazio.
Ebbe allora la strana impressione di vedere tutte quelle cose per la prima volta.
Gli tornò in mente quella frase assurda: “Io cerco la Verità”.
Pensò per la prima volta che la verità non fosse quella percepita dai sensi, ma qualcosa di nascosto dietro la materia visibile, e che il suo obiettivo non dovesse essere dipingere ciò che si vede, bensì far vedere ciò che non si può vedere.



Palazzo Strozzi 
26 febbraio - 18 luglio 2010
'De Chirico Max Ernst Magritte Balthus - Uno sguardo nell'invisibile'

Nessun commento:

Posta un commento