La “legge” dei grandi numeri non perdona.
Erano troppi gli avvenimenti in cui Ermete aveva avuto riprova di quella “legge” non scientifica eppure più esatta di tante teorie pseudo matematiche. Egli, dal suo mediocre scalino del Paradiso – era infatti un angelo di seconda classe – provava tenerezza per gli uomini che gli venivano affidati e per i quali avrebbe voluto fare di più, molto di più, se solo avesse potuto. Gli mancava, tanto per dirne una, l’antiveggenza, dote alla quale aspirava con un minimo di invidia nei confronti degli esseri a lui superiori (pochissima invidia, peraltro, quanta ne può contenere un puro cuore di angelo, quantunque non di prima classe).
Chissà quanti errori avrebbe evitato alle persone che doveva custodire, se solo avesse potuto intuire gli sviluppi futuri della situazione in cui si cacciavano! In compenso possedeva la Verità: di fronte a lui si stendeva, come su un tavolo perfettamente ordinato, tutto lo schema del reale e le sue decisioni potevano essere prese con una serenità davvero rara.
Per sopperire alla mancanza di antiveggenza cercava di applicare quanto più possibile la legge dei grandi numeri. Un solo esempio per tutti: quale posto considerare più sicuro in assoluto? La risposta era semplice quello dove è appena accaduta una tragedia. È infatti da escludersi un violento terremoto – naturalmente se si parla di breve periodo – in una terra recentemente scossa da un sisma. Se per un attentato terroristico scoppia una bomba su un treno (oppure in una stazione) è molto difficile – quasi impossibile, anzi – che vi sia un’altra azione dimostrativa nello stesso luogo a breve distanza. Persino nella “Terra Santa” dopo un assalto di kamikaze in un ristorante si hanno fondati motivi per ritenere che quel ristorante non sarà oggetto di altri attacchi. Meglio evitare del tutto determinate zone, certo; ma se proprio si deve bazzicarle, è preferibile tornare esattamente laddove è appena scoppiato un ordigno, in un luogo dove si concentra l’attenzione della polizia e della gente e dove sono da escludersi ulteriori azioni terroristiche, che presumibilmente si indirizzeranno in punti meno sorvegliati.
Era appena trascorsa l’ora delle prima colazione e mentre l’angelo Ermete si apprestava a custodire un’anima di recente affidatagli, giunse la notizia di un violento attacco terroristico proprio nella città in cui si trovava Fabrice, il suo protetto: si trattava in particolare di un fotografo specializzato in servizi di guerra.
«Quale migliore occasione?» si chiese il reporter.
«Quale il posto più sicuro?» ribatté, senza essere udito, Ermete.
La tremenda esplosione era avvenuta in un alto palazzo del centro della cittadina, a pochi minuti dalla casa di Fabrice, i cui vetri avevano addirittura rischiato di infrangersi per lo spostamento d’aria. L’uomo si gettò per strada con un ronzio nelle orecchie: «Non ti avvicinare troppo! Non ti avvicinare troppo! Non ti avvicinare troppo!».
Era la voce della coscienza o meglio quella del suo angelo custode, ma questo egli non riusciva a comprenderlo. Correva sempre con maggior foga e niente sembrava fermarlo. Ermete era sulle spine, avendo saputo nebulosamente che presto quel gesto folle sarebbe stato replicato. Pensò ad un vecchio adagio: «Se non puoi saltare un ostacolo, aggiralo» e decise di modificare il suo piano di battaglia.
All’invito a non avvicinarsi sostituì quello di realizzare il servizio fotografico dal punto – secondo la legge dei grandi numeri – più sicuro di tutti. E in quel caso, non essendo pensabile effettuare riprese all’interno dello stesso edificio, era meglio dirigersi verso la costruzione di fronte.
Mentre il veloce ascensore lo portava verso l’ultimo piano, Fabrice si fregava le mani soddisfatto: nessun collega in giro, era decisamente il primo. L’indomani le foto che avrebbe scattato sarebbero state sulla prima pagina dei principali quotidiani ed egli avrebbe guadagnato in un solo giorno quanto solitamente racimolava in un anno. Avrebbe festeggiato invitando Sally nel più lussuoso ristorante della città. Gli bruciava ancora il modo con cui lo aveva mollato e credeva che rifarsi vivo in quella maniera avrebbe contribuito a rialzare le sue azioni alla borsa del cuore di lei. Al suo fianco anche Ermete era contento: lo spericolato che gli era stato affidato si trovava nel luogo più sicuro – almeno per qualche tempo – della terra. La legge dei grandi numeri non sbagliava…
Fabrice, giunto sul terrazzo dell’ultimo piano con le macchine fotografiche approntate, iniziò a scattare a raffica, concentrandosi talmente sulle inquadrature, da non pensare a nient’altro. Era così eccitato mentre riprendeva la caduta a volo libero di un poveraccio buttatosi da una delle finestre in fiamme, che solo all’ultimo istante si rese conto di uno strano, crescente rumore: si trattava di un aereo di linea che, a bassa quota, si dirigeva proprio contro il grattacielo sulla cui sommità si trovava.
L’indomani, 12 settembre 2001, Sally cenò con un altro amico, Frank, in uno dei non moltissimi ristorantini romantici di Manhattan.
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