IL PUPAZZO VERDE

RACCONTO DI ELISA MINI'


Quando entrò in casa e vide il pupazzo verde, capì che era troppo tardi. ‘Come’, pensò, ‘due serate di fila?’ Erano d’accordo di usarlo al massimo due volte a settimana ma due sere di seguito era un vero cataclisma. Sarebbe dovuta andare a dormire da sua sorella, di nuovo, e Dio sa quanto fosse scomodo e pieno di peli il suo divano. I gatti e il barboncino avrebbero dormito per cinque minuti sul tappeto, poi l’avrebbero usata come cuscino. Due notti insonni no, non le avrebbe sopportate. Ma ormai l’ingranaggio si era messo in moto, il pupazzo era lì, con gli occhi di Jack Nicholson in Shining e non si poteva tornare indietro, i patti andavano rispettati. Carolina tirò il filo che usciva dalle viscere del pupazzo e una voce all’elio esplose in una risata satanica.
‘Stasera dormo da te. Baci’ fu il messaggio che inviò di controvoglia a sua sorella senza accorgersi di averlo spedito a Matteo Z.
Il telefono la colse impreparata.
-          Marta!
-          Sei a casa?
-          Ho visto il pupazzo.
-          Mi dispiace Carolina, è solo per questa volta, mi hanno spostato il turno e...
Carolina non la stava più ascoltando, Marta sapeva dilungarsi come un molesto suonatore di fisarmonica in un ristorante partenopeo e qualsiasi scusa profumava di ipocrisia fino all’ultima nota.
-          Fa’ che non si ripeta più. Non è bello dormire con un gatto conficcato sotto l’ascella, uno appiccicato al collo e un barboncino che russa come una segheria.
-          Te lo prometto. A buon rendere eh?
-          Come no? Nel 2020. La signora del piano di sotto si è lamentata delle voci da film porno.
-          Ha detto così?
-          Si, ha detto proprio così, magari stasera fatelo in piedi, per esempio. E fallo stare zitto.
-          Ah si...
-          Ciao.
-          Ciao...
‘Roba da non credere’, pensò, ‘divido la stanza con una demente da due anni ma quando non se la filava nessuno si dormiva, ora che ha trovato il suo dispensatore di piacere rumoroso come una scrofa, dormire è diventato un lusso’.
Il cellulare trillò di nuovo. Un messaggio di Matteo. ‘Topolino ti aspetto alle cinque da me. Mi manchi. Baciotti’. ‘Non bastava il pupazzo verde’, pensò Carolina che già si vedeva sul divano sepolta dai gatti con una gerla di corna conficcate in testa. Non era lei il topolino con cui Matteo K., il suo ragazzo, aveva fissato alle cinque. E poi ‘baciotti’ non prometteva nulla di buono. Sentì risuonare nella testa un Mozart un po’ incarognito: ‘Mi tradì quell’alma ingrata, quell’alma ingrata, infelice o Dio mi fa, infelice o Dio mi fa. M’ha tradita e abbandonata, provo ancor per lui pietà’. Non aveva il diritto di trattarla così Mozart, lei gli aveva sempre portato rispetto, lo aveva sempre suonato con passione e deferenza. Lui un genio. Lei un mollusco pieno di corna.
Pochi furono i pensieri a frullare nella mente di Carolina. Per l’esattezza due. Quell’incubo del divano di sua sorella e le corna che avrebbe messo a Matteo il giorno dopo. Un terzo pensiero affiorò, collegato ai primi due. Avrebbe potuto mettere subito le corna a Matteo così non avrebbe dormito sul divano di sua sorella. Certo, era tutto chiaro, il cerchio si chiudeva alla perfezione. Come diceva quel tizio? ‘Non essere rigore fino a che arbitro non fischia’. ‘Matteo’, pensò, ‘ti regalerò un bel mazzo di corna’.
Tutto chiaro. Fin qui. Ma dove trovare il chiodo che scaccia la trave? O era un quadro? La soluzione arrivò dopo qualche minuto. Prese il cellulare e iniziò a scorrere la rubrica. Paolino S. no, lui non era quello giusto, troppo insicuro. Lorenzo M. no, puzzava di pesce. Enzo F. detto Basta che Respiri? ‘E’ lui’, pensò, sarebbe stata sua quella notte, aveva in mente un piano ben preciso. Compose il numero.
-          Ciao Enzo, sono Carolina, quella che lavora in palestra.
-          Ah, ciao, mi è scaduta la tessera?
-          No, non credo, ti va di bere una cosa con me stasera?
-          Perché no, non ho niente di meglio da fare e non ci sono partite in tv.
-          Perfetto, allora ci troviamo al Wunder Bar alle otto per l’aperitivo?
-          Ok. Ehm...come ti riconosco?
-          Sono Carolina, della palestra...
-          Ah certo...io indosserò una giacca verde e blu. E tu?
-          Non ho ancora deciso, a dopo.
-          Si...a dopo. A che ora?
-          Alle otto.
-          Ah, è vero. A dopo.
Le cose non andarono proprio come Carolina aveva immaginato. Andarono come Marta aveva immaginato ma quella è un’altra storia. Mise davvero le corna a Matteo K., ma volle andare oltre, e questo provocò un terremoto senza eguali. Andarono a letto insieme, come lei aveva progettato e, come in tutte le storie in apparenza semplici e lineari, poteva finire lì. Ma fu il quarto pensiero che si insinuò nella sua mente a dare il via a una catena di sciagure. Lei volle fotografarsi insieme a lui, nudi. E volle anche spedire la foto a Matteo K.. Ma nella fretta, quella che ti anima quando vuoi prenderti una rivincita storica, premette il tasto ‘invia a tutti’ e quella foto la vide anche il suo professore di statistica oltre che sua madre, suo padre, le zie, la nonna, sua sorella, i gatti, il barboncino, tutti i suoi amici, la parrucchiera, il calzolaio, la squadra di pallavolo. Girò anche su facebook. Ma questo fu il minore dei mali. Enzo F. aveva una ragazza che forse non sapeva di avere più corna di un cesto di lumache, e ci rimase molto male quando per vie misteriose e trasversali vide la foto. E affrontò Carolina nei pressi della palestra col tatto e col vocabolario di un camionista, con tutto il rispetto per i camionisti, la quale si lasciò offendere e disse:
-          Dovevo farlo per la mia dignità, che me frega della tua?
La ragazza di Enzo F. arrivò alle mani ma fu trattenuta da alcuni giocatori quattordicenni di una squadra di calcetto che, per caso, passavano di lì, e la faccia di Carolina fu salva. Ma non finì così.
Sua madre, travolta dall’entusiasmo, pensò di fare una cosa trasgressiva inviando a suo marito una foto di lei col suo amante, nudi. Ma il marito non la prese bene. Per dispetto fece a pezzetti tutto il di lei guardaroba, anche il cappottino del cane.
Matteo K. l’aveva lasciata non per il tradimento con Enzo F. considerandolo un tentativo di ripicca basato sull’errore di fatto, ma perché convinto che Carolina avesse una tresca con Matteo Z.
Le ultime notizie di Carolina, giunte da amici di amici di Marta, furono quelle del suo fidanzamento clandestino con uno dei ragazzi della squadra di calcetto nel frattempo divenuto quindicenne e di una denuncia per abuso di minori poi ritirata grazie al padre di Carolina, che aveva scucito una montagna di soldi alla famiglia di lui e di un incendio nel suo appartamento causato, pare, da un pupazzo verde finito per caso nel forno a 240 gradi. Una fine davvero triste per un pupazzo che fino all’ultimo aveva riso come uno stronzo.



 

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