RACCONTO DI NICOLA ZANGHI
L’ultima puntata di Dr House è in streaming nel mio pc.
Bamby legge una stupida rivista per donne dall’altra parte del letto. Arriva un sms sul mio cellulare.
“Chi è?” dice Bamby.
Senza scompormi, senza muovere nemmeno un sopracciglio, rispondo banalmente “non ne ho idea, lo leggerò solo quando House sarà finito. Non infastidirmi”.
Non si da per vinta. Con la sua vocina stridula, accompagnata con dei fastidiosissimi calci sotto le coperte, torna a dire “Potrebbe essere Elena che ci chiede qualcosa per la cena di stasera, guarda cosa ti ha scritto”.
Non do importanza alla sua voce. Resto totalmente indifferente alla richiesta e continuo a seguire la macchina per la risonanza su una paziente che di professione fa la scrittrice, e che si trova in ospedale per delle forti attitudini suicide.
Ad un tratto vedo il braccio della mia fastidiosa compagna che si sposta in direzione del cellulare. Se c’è una cosa che non tollero proprio è l’invasione della privacy. Allungo il braccio ed afferro il cellulare con l’altra mano. Ha vinto. Capisco immediatamente che dedicare 15 o 20 secondi ad un messaggio mi toglierà di torno Bamby per i prossimi decisivi 20 minuti.
Il mio volto cambia espressione per accentuare lo sforzo e sottolineare il disprezzo con il quale vado a leggere l’sms. Il numero non è in rubrica, e quasi certo del fatto che sia Elena ad averlo inviato, inizio a leggerlo ad alta voce. “E’ tanto che voglio parlarti, mi sei mancato…Finalmente mi sono decisa. Quando possiamo vederci?”
Un brivido mi percorre la schiena, inizio a sudare freddo, penso quasi istantaneamente che le prossime 2 ore saranno davvero lunghe. Nella immediata frazione di secondo successiva porto alla mente ogni tipo di parola che possa aiutarmi a uscire pulito da questa situazione, scruto tutte le varie possibili versioni che giustifichino quel messaggio, e cerco di capire a quale donna o episodio Bamby creda faccia riferimento il testo. Sono spacciato.
Mi giro verso di lei lasciando sul mio volto un’aria volutamente perplessa e quasi scocciata per quanto accaduto. Senza nemmeno proferire una sillaba, a polmoni appena carichi, vedo la sua mano che schiocca uno schiaffo sapor d’astio sulla mia guancia sinistra. Il movimento della mano è accompagnato dalle parole “Cosa cazzo fai? Chi cazzo è questa troia? Possibile che in tutto questo tempo tu non sia cambiato per niente? Ed io come una stupida qui ad assecondarti, per questo non volevi rispondere!” Le frasi, che viste dal punto di vista dell’odio hanno un loro filo logico, dal punto di vista concettuale sono del tutto errate. E’ evidente dal testo che non sono io a far qualcosa, ma in chi l’ha inviato, qualcosa che va aldilà delle mie azioni, ha generato un improvviso cambiamento. E’ dunque inutile provare ad evincere da questo messaggio se io sia cambiato o meno. Questo pensiero, accompagnato al dolore al volto, fa nascere dentro di me un sentimento di rabbia inarrestabile. Non rispondo nulla, ed inizio a guardarmi intorno cercando un qualsiasi oggetto pesante e duro per fracassare la sua minuscola testa. Il mio sguardo somiglia a quello di un Pitone di Seba che è pronto a mordere la preda. Mi lascio comunque calmare da quella che è la mia parte peggiore, il buonsenso, e mi rivolgo a Bamby dicendole “Guardami.” Pausa, “Non ci sarà una prossima volta.” Pausa. “Nessuno nella mia vita mi ha mai messo una mano sul volto, e ti assicuro che nessuno lo farà mai.” Pausa. “Non ci sarà una prossima volta”.
Le mie mani sembravano pronte a scattare, ma sarà stato il tono della voce, o appunto il perdono, Bamby si impaurisce, e si pente della sua azione, resta in silenzio, abbassa lo sguardo e intima una carezza, che io non respingo.
Lo schiaffo, per quanto odioso sia stato, mi ha portato in una condizione favorevole, ma ancora non del tutto risolta. Inizio ad immaginare quale delle mie ex possa aver scritto questa frase, ma confuso sul numero e sul movente, decido che è meglio provare a rispondere al messaggio, in modo tale da sembrare realmente ignaro a quanto successo. La fase laconica “chi sei?” soddisfa momentaneamente Bamby. In attesa della risposta, il mio letto sembra essere diventato quello di un fachiro, sento un pungere di chiodi lungo i fianchi, il calore nella stanza potrebbe essere alimentato dai carboni ardenti sui quali dovrò salire non appena arriverà la risposta.
“Non sei Luca?”
Torno a respirare, sono salvo. Guardo in viso la mia dubbiosa compagna e blatero un “La tua mancanza di fiducia stava per far si che mi perdessi per una simile minchiata. Questa tua stupidità può costarti cara.” Lei si volta verso la parete per distogliere i suoi occhi tristi ai miei e dice “non potevo saperlo, come posso fidarmi dopo tutto ciò che so di te, che ti ho visto fare? E’ una tortura.”
Ho ristabilito la pace, adesso si tratta di concludere con i soliti discorsi inutili su me, lei, il passato ed il futuro. La perdita di tempo conseguente è enorme ed io ho altre cose più importanti da fare: Dr House.
Mi avvicino al suo collo, poggio le mie labbra, salgo pian piano su fino a dietro l’orecchio e le sussurro “Basta fidarsi.” La frase detta con del sorriso aggiunto nella voce, ha qualcosa di epocale e sublime. Lei si volta, mi bacia e sorride. Ho vinto.
Ristabiliamo i nostri posti a letto, metto in play la puntata, lascio trascorrere 7 secondi, rimetto in pausa, afferro il cellulare che avevo ormai dimenticato e rispondo a mia volta alla povera mal capitata. Immagino la sfortuna della ragazza, che finalmente decisa a contattare quello che probabilmente sarebbe stato il suo futuro amore, si trova invece con un numero errato tra le mani. Per non farla più navigare nel dubbio, e permetterle di continuare la vita senza false speranze, con il mio solito tatto rispondo “no” ed invio. Ho già perso altri 15 secondi di Telefilm, inaccettabile.
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